La sconfitta della Germania non porterebbe automaticamente
al riordinamento dell'Europa secondo il nostro ideale di civiltà.
Nel breve intenso periodo di crisi generale, in cui gli
stati nazionali giaceranno fracassati al suolo, in cui le masse popolari
attenderanno ansiose la parola nuova e saranno materia fusa, ardente,
suscettibile di essere colata in forme nuove, capace di accogliere la guida
di uomini seriamente internazionalisti, i ceti che più erano privilegiati
nei vecchi sistemi nazionali cercheranno subdolamente o con la violenza di
smorzare l'ondata dei sentimenti e delle passioni internazionalistiche, e si
daranno ostinatamente a ricostruire i vecchi organismi statali. Ed è
probabile che i dirigenti inglesi, magari d'accordo con quelli americani,
tentino di spingere le cose in questo senso, per riprendere la politica
dell'equilibrio delle potenze nell'apparente immediato interesse del loro
impero.
Le forze conservatrici, cioè i dirigenti delle istituzioni
fondamentali degli stati nazionali: i quadri superiori delle forze armate,
culminanti là, dove ancora esistono, nelle monarchie; quei gruppi del
capitalismo monopolista che hanno legato le sorti dei loro profitti a quelle
degli stati; i grandi proprietari fondiari e le alte gerarchie
ecclesiastiche, che solo da una stabile società conservatrice possono vedere
assicurate le loro entrate parassitarie; ed al loro seguito tutto
l'innumerevole stuolo di coloro che da essi dipendono o che son anche solo
abbagliati dalla loro tradizionale potenza; tutte queste forze reazionarie,
già fin da oggi, sentono che l'edificio scricchiola e cercano di salvarsi.
Il crollo le priverebbe di colpo di tutte le garanzie che hanno avuto
fin'ora e le esporrebbe all'assalto delle forze progressiste.